Ulver live 11/11/11 @ Circolo degli Artisti, Roma
All'attuale tournee degli Ulver sono stati rivolti considerazioni tiepide ed epiteti dei più ingiuriosi: pur risultando difficile dissociarsi dalla totalità di essi, alla fine ci si deve arrendere alla descrizione priva di retorica di quella che si è rivelata essere una serata assolutamente piacevole e fonte di profonda ispirazione.
Il compito di aprire la cerimonia è affidato all'improvvisazione del conterraneo Stian Westerhus, folle tessitore di trame rumorose armato di chitarra e grida nel pickup della medesima: avrebbe di certo meritato un'acustica migliore, la stessa che finisce per penalizzare profondamente il brano d'apertura della band regina della scena stasera; tempo che Garm, al secolo Kristoffer Rygg saluti la platea e si parte subito con la sostenuta February MMX, così come nell'ultima prova in studio, anche quest'ultima da molti dichiarata fiacca e sbiadita. Abituarsi al suono costa sufficiente fatica, e si anela a condizioni decisamente più degne dell'organico presente sul palco.
Sempre da War of the Roses seguono Norwegian Gothic ed England nonché la crepuscolare September IV, dall'incedere iniziale chiaro e solenne e dalla coda cupa e frenetica: il disco non è un capolavoro ma ha momenti validi, e la comitiva scandinava sembra senz'altro gradire l'esecuzione, a giudicare dai sorrisi complici che i suoi membri si rivolgono mutuamente. Garm si stupisce piacevolmente del silenzio pressoché totale che pervade le pause tra un brano e l'altro, fino allo zenith della serata: scritto nel 2000 ma proveniente dal futuro, arriva l'inconfondibile incipit di quella pietra miliare che è Perdition City.
Orfana di alcuni strumenti presenti nell'album, Lost in Moments conserva però intatto il proprio carico di energia, lussuria, sperimentazione, follia, estro e magia totale: Tomas Pettersen alla batteria è un treno, mentre mister Ylwizaker orchestra sapientemente al piano, pur con qualche sbavatura. Tali imprecisioni assieme all'assenza di alcuni elementi dall'arrangiamento originale avranno fatto storcere il naso a qualcuno, ma meglio una soluzione eseguita dal vivo che un simulacro di campionamenti al cospetto di un'esecuzione così viva e coinvolgente. Non c'è tempo di pensare alle polemiche perché arriva Porn Piece Or The Scar Of Cold Kisses, e l'estasi prosegue integra, mentre ci si domanda come la voce di Garm, così bassa e corposa in sede di dialogo, raggiunga tali punte di chiarezza ed elevazione.
Tempo per rispondere a tale interrogativo è garantito dalla recente Island, per poi chiudere con quel brano da due soldi che è Darling Didn't We Kill You?. Tre quarti d'ora scarsi e la scena è già vuota, come da copione. I lupi si fanno pregare e tornano per un primo encore, costituito dalla splendida For the Love of God da (Blood Inside) e da un'opinabile cover di un brano punk non meglio identificato, che si sarebbe rivelato davvero una grave onta qualora fosse stato davvero l'ultimo brano del concerto. Allora i lupi si mettono una mano sulla coscienza e risparmiano le coscienze musicali dei presenti con un secondo encore a grande richiesta, in cui propongono In the Red, non senza difficoltà visto un falso attacco della chitarra, presto incoraggiata dall'applauso pubblico che aveva riconosciuto l'amata canzone, degno epilogo di una serata non esente da critiche, ma in ogni modo sufficiente nel complesso.
Anche senza il sax di Lost in Moments.
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