Pacchi da sei.
Mi facevo di birre, ma non era sufficiente. Pacchi da sei, verdi con scritte rosse. Poi suonavo il mio rhodes scassato, e tiravo fuori melodie bellissime. Fottute sinfonie celestiali. Lo so, sinfonia non è un termine adatto per opere a strumento singolo, ma potete anche fottervi precisini del cazzo.
Non le scrivevo mai però, non ero gran capace. E potevo metterci settime e altre cose cazzute per riempire, ma spesso scazzavo e finivo in cadenze banali. E poi loopavo giri pieni di eco per suonarci cose sopra, cose impercettibili alle ultime ottave: dovevi essere proprio fatto per goderne. Ci avevo anche una chitarra, ma suonavo solo due accordi o droni profondissimi, che duravano minuti, sui quali mi sentivo tipo dio, ma più figo. Se esiste un fottuto dio, di sicuro non suona droni.
Amoreggiavo con quel piano, lo percuotevo manco mi avesse scopato la donna, poi lo stimolavo sapiente e ne apprezzavo i gemiti. Fatti scopare i bemolle, troia d'avorio. Non avevo tecnica, solo passione, ma ci davo dentro con tempi dispari: cinque quarti più di tutti, col suo incedere spezzato:
Tà ta ta, tà ta Tà ta ta, tà ta Tà ta ta, tà ta Tà ta ta.
Poi altre birre. Poi altre figure strane, poi dissonanze empiriche. Vuoi scoparle quelle dissonanze: lascive e intangibili, ma sai che le vuoi. Poi ci hai in testa quel ponte serrato con accordi lontani, ma non sai quali sono: ne provi un po', con seste aumentate e terze diminuite, e ti suonano di merda, e maledici quando invece di studiare eri appresso alle gonne di qualche puttana.
Perché le birre e le puttane sono buone, ma non è come scrivere un gran pezzo al rhodes, sapete. Il rhodes è un pianoforte che fuma due pacchetti al giorno da trent'anni, ti parla con quella voce roca, e ti chiedi come sarebbe con il timbro originale.
Poi ci vorresti una voce bella, da negra. Una fottuta negra intonacanzoni. O forse no, che poi la gente si fissa sulla voce e non si fila la musica, fottuti beceri ignoranti, giusto i Beatles e altre frociate vi meritate: di certo non il mio rhodes, i miei cinque quarti, i miei accordi mancanti, i miei pezzi che scordo di scrivere, le mie birre in pacchi da sei.
Penso proprio che non vi meritiate un cazzo.